Week #36 – gli anni del Barolo

Quest’anno è partito così, con il Barolo e al Barolo.

Ci sono gli anni del Fegato di Vitello, quelli che fanno ancora impressione a ricordarci, quelli che infastidiscono per la loro consistenza, che sanno di vita e di sangue, sono diventati il nostro piatto meno favorito, che ci auguriamo di non assaggiare mai più.

Poi ci sono quelli After Eight in cui le giornate di lavoro non terminano mai prima delle 20, quelli che sono un contrasto, un miscuglio di elementi eterogenei, ma che alla fine fanno fa piacere aver gustato ricordandoli come un dessert gradevole in confronto ad altri.

Ci sono gli anni degli Acras Creoli, quelli che sanno di fritto e di rivoluzione, di sole, di pesce e di salsa piccante. Gli anni in cui l’estate ti scorre nelle vene e davanti agli occhi senza interruzione. Quelli che non ci si pentirà mai di aver ordinato, nonostante qualche distrurbo di digestione.

Ci sono gli anni della Quiche Senza Formaggio, quelli che sfamano, che sono senza poche pretese ma apprezzabili, che dopo qualche tempo iniziano a stufare e fanno bramare un’altra ricetta. Quelli delle sperimentazioni più o meno bene riuscite.

Ci sono anche gli anni degli spinaci che spessoo sono amarissimi e rare volte dolci e rigeneranti. Quelli che si deve mangiare ogni tanto, perchè fortificano. Quelli che mezzo mondo ha sicuramente nel freezer e ogni tanto scongela.

Poi ci sono gli anni del Barolo, come questo. Quelli che richiedono pazienza, ossigeno e di essere decantati. Quelli che saranno sicuramente buoni e importanti. Quelli che sono intensi, che però non ci si può gustare senza alla base un piatto adatto, sarebbero un peccato e uno spreco. Che se ne inizi a berne un bicchiere non finiresti mai, fino a raggiungere il benessere desiderato. Niente sentore di tappo per ora, ma c’è sempre il rischio di incappare nella bottiglia sbagliata. Stappiamo?

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