Day #12 – errata corrige

Mi è appena arrivato un errata corrige da Parigi (fa sempre il suo effetto dire che qualcosa giunge da Parigi, fosse anche il Roquefort dell’Auchan): la corretta traduzione di “Tout le monde a l’heure, mais moi j’ai le temp” è “Tutti sono in orario, ma io ho tempo”. Pardon!

Sto diventando come Jean-Claude Van Damme – che a quanto pare i francesi prendono per il culo più di Chuck Norris – per la sua teoria del “be aware”, che ripropone sovente durante le interviste senza, in realtà, aver ancora capito cosa significhi “aware”.

Arnaud ha insistito perché guardassi “Dracula” di Bram Stoker (quello con Keanu Reeves prima che si mangiasse l’intero prodotto agricolo della Cina), sostenendo che sia una delle più belle storie d’amore mai raccontate dal cinema. Bella, cagata. Recupera qualche punto mostrandomi tutta la collezione di DVD della Pantera Rosa e di Luis de Funès (che adoro! Soprattutto nelle vesti di direttore di hotel).

Non ho un film preferito, ma ho un libro preferito: “Profumo” di Patrick Süskind. Ne è stato tratto anche un film che si può tranquillamente fare a meno di vedere, ma il romanzo, quello bisogna leggerlo: gli odori e i profumi sono descritti in maniera talmente precisa e puntuale da poterli percepire riga dopo riga, a ogni paragrafo.

Una delle occupazioni della famiglia Renard da quando viveva ancora in Francia è la creazione di candele profumate. Ce ne sono dappertutto in casa. Trovo buffo che in francese le candele siano le “bugies”, ma tralascio inutili sproloqui sull’analogia tra le bugies e le “bugie” intese come menzogne (prego, non ringraziatemi).

Una sera Arnaud ha aperto un’enorme cassa di alluminio tirando fuori scatole piene di essenze e mostrandomi tutte le combinazioni di fragranze create e, le basi per poterne realizzare altre. Non ci sono pressoché limiti, solo quelli del buon gusto (come in tutto). La difficoltà sta nel riconoscere i profumi, attivare le sinapsi e tradurre così ogni sentore. Con essenze sparse su polsi, mani e avambracci ero quasi stordita. Alla terza volta in cui mi è stato chiesto “cosa senti?” e ho risposto “sa di sciroppo per la tosse”, ho compreso che avrei continuato a dedicarmi alla scrittura (sempre ammesso che mi riesca). Per una questione genetica credo, continuo a cavarmela meglio con il vino in quanto a percezione dei sentori.

E con questo pensiero sopraggiunge un’improvvisa, profonda, proustiana nostalgia monferrina.