Decido finalmente di andare a Pinel, l’isoletta che si trova a nord ovest di St. Martin. Dicono sia un posto idilliaco.
Mi dirigo a Cul de Sac, al porticciolo da cui partono le imbarcazioni per l’isola. Arrivata al molo chiedo a un anziano signore (che sembrava gestire il traffico di persone) seduto in un angolo dove poter fare il biglietto per il traghettamento. Mi risponde che oggi per le ragazze c’è uno sconto speciale, possono pagare anche in natura (ecco, pure il vecchio porco ho beccato) e che la barca sarebbe arrivata entro qualche minuto.
Prima di partire il “capitano” augura ai passeggeri buon viaggio, donando alcune informazioni: per il ritorno c’è una barca ogni ora, all’una, alle due, alle tre, l’ultima parte alle 4 e raccomanda di non perderla. Conclude con “passate una buona giornata e non bevete troppo”. Può sembrare una battuta, ma ho visto più gente collassata in qui spiaggia che alle feste dei collegi a Pavia.
Quello che immaginavo essere un piccolo traghetto è in realtà una bagnarola dipinta di turchese, capace di portare 25 persone al massimo, sedute su panche sgangherate. Essendo una degli ultimi (futuri naufraghi) a salire, finisco per sedermi davanti, beccandomi tutti gli schizzi delle onde in pieno viso (è un’associazione assurda, ma la situazione mi ricorda il giro sui tronchi di Gardaland).
Dopo ben 10 minuti di navigazione (credo ci avrei messo lo stesso tempo a nuoto con un minimo di allenamento) attracchiamo al molo. L’isola è davvero piccola, ci sono un paio di ristorantini con annessi lettini e ombrelloni, nient’altro. Ti fa venire voglia di cercare Mercoledì.
Il fondale è chiarissimo e puoi camminare per almeno un centinaio di metri con l’acqua che ti arriva sempre all’ombelico.
In mattinata sbarcano sempre più persone. Cappellini e costumi da bagno a stelle e strisce si sprecano, oggi è il 4 luglio.
La giornata è calda come non mai e – come testimoniano le mie spalle arrossate – molto soleggiata.
Decido di mangiare qualcosa (i soliti Acran, ormai ne ho sviluppato una dipendenza) e mi rifugio in uno dei ristoranti. Trovo il tavolo perfetto, all’ombra, sulla sabbia, affacciato a un piccolo molo e parto alla sua conquista. Peccato non aver notato subito le 4 iguane che mi sbarrano la strada. Faccio un salto come se avessi pestato un carbone ardente e indietreggio cautamente cercando un’altra sistemazione. Sono brutte e hanno l’aria cattiva, le iguane. Poi da quando mi hanno detto che la loro coda è tagliente come un rasoio cerco di starne ancora più alla larga. Un minuto dopo vedo alcuni bambini dare da mangiare a questi dinosauri inestinti e mi sento terribilmente idiota.
Torno al sole che non “picchia” più troppo forte: ho quasi voglia di perdere la barca delle 4.
Isola di Pinel