Ormai anche Spotify mi parla in francese.
Nonostante i nuvoloni che non promettono nulla di buono, butto in borsa il Kindle e mi dirigo in spiaggia, oggi decisamente più affollata. Rifugiata sotto l’ombrellone inizio a leggere un paio di righe dei fratelli Karamazov (sì, devo ancora finirlo, da mesi). Le mie attività cognitive di base vengono risucchiate dalla risacca, incessante. Non riesco a non fissare il mare. Forse una particolare forma di autismo, forse d’ipnosi. Non sì può non notare che tutto qui ha i colori dei pastelli che usavamo da bambini, quelli della Giotto. Il mare è davvero verde acqua e la sabbia è davvero color sabbia.
Un brontolio allo stomaco mi risveglia dallo stato catatonico. Ordino Acran creoli a un baracchino gestito da Haitiani. Sono polpettine di pesce e verdure, piccanti, ovviamente fritte. (Mi manchi nonna! Pensami quando fai la salvia in pastella!)
Non poteva mancare il digestivo: shottini di daiquiri ai frutti tropicali e rum bianco gentilmente offerti dalla casa (ogni ora!).
Tutti i miei buoni propositi di assumere un regime alimentare decente stanno svanendo. Non potevo non capitare nella capitale gastronomica dei caraibi. Marci, hai ragione: il buon cibo è la nostra condanna!
Qui mi chiamano “Ciaobella”, anche il Jamaicano che mi ferma – mentre rientro dalla spiaggia – per vendermi del fumo: “parce que par votre sourire je vois que votre cœur est pur» (mi sembra un ottima motivazione commerciale). Che posto, assurdo.
Spiaggia di Baie Rouge
Adoro questo blog!!! Lo leggo da tre giorni prima di andare a dormire.. Continua a scrivere!!!
Ti penso ❤
Fede, il venditore di fumo è il mio mito.
un soggettone, dovresti vederlo.
Me lo immagino già. Tu stai bene? Scolopendre a parte, ovviamente 🙂
Sì bene, bene!