Week #8 – totodiagnosi

Dopo aver trascorso una nottata febbricitante, la mattina mi ritrovo macchiette rosse anche sui palmi delle mani e menomale che il rush sembrava in fase di guarigione.

Scocciata, faccio quello che forse avrei dovuto fare da subito: vado al pronto soccorso. Se avessi avuto qualcosa di grave non sarei arrivata viva in ospedale, riuscire a trovarlo è stata un’impresa.

Manco a dirlo la sala d’aspetto è piena e arrivano continuamente persone messe peggio di me, anche un detenuto zoppicante accompagnato dalla Gendarmerie. A parte i brividi sto bene, mi annoio un po’ nell’attesa. Il ronzio delle macchinette di snack e le persone in attesa che sbuffano, creano un sottofondo quasi ritmico. C’è anche una gallina appena fuori dalla porta d’ingresso che becca briciole di patatine dal pavimento.

Finalmente il mio turno. Il medico, un signore sudamericano sulla cinquantina molto gentile, legge sulla scheda di accettazione che sono nata ad Alessandria: “Ah, égyptienne!”. Questa mi mancava, passiamo oltre. Gli spiego i trascorsi e mi dice anche lui che potrebbe trattarsi di una forma di dengue o di rosolia. Per escludere la prima ipotesi insiste per farmi un prelievo e analizzare il sangue.

Quattro provette prelevate mi sembrano una scusa sufficiente per divorare un pacchetto di M&M’s senza sentirmi nemmeno un po’ in colpa.

Un’ora e una quindicina di partite al solitario più tardi arrivano i risultati: negativi. Il medico mi spiega che il test è comunque da rifare dopo qualche giorno perché il visus dengue può non risultare da subito e continua a sostenere che si tratti di rosolia.

Ho la febbre, sembro la Pimpa, ho appena speso una cifra assurda per la visita e le analisi ematologiche eppure mi viene da ridere, istericamente: posso essermi presa la rosolia a 27 anni??!!! Malattia che tra l’altro mi sembra di aver già avuto da bambina, anche se in forma leggera. Ma soprattutto, mentre sono ai Caraibi mi deve venire la rosolia?!! Dovrei essere in spiaggia a grattarmi con una mano e reggere un Planteur con tanto di ombrellino e ciliegia al maraschino con l’altra.

In età scolare preghi che ti vengano anche solo due linee di febbre per startene a casa qualche giorno e passare il tempo a guardare la tv, rigorosamente in pigiama dal mattino alla sera e invece non ti buschi nemmeno un raffreddore. Ovviamente però ti viene la febbre alta la sera prima di partire per la gita scolastica a Barcellona, che culo eh? E’ sempre stato così, anche a Madrid ci sono andata con la febbre, sembra che non mi possa permettere di uscire di casa (e forse la Spagna non è una meta favorita dagli astri).

Appena esco dall’ospedale inizia a piovere, temporale tropicale. Proseguo a 30 Km/h non vedo nulla, la strada è un fiume. Ora capisco davvero perché qui hanno tutti il fuoristrada, ho incrociato una Twingo e giuro che non ne vedevo le ruote.

Faccio incetta di paracetamolo in farmacia e torno a casa, mentre penso a se e come comunicare alle persone con cui ero a cena ieri sera che potrei avere una malattia infettiva e avergliela trasmessa.

Farò le altre analisi prima di dare l’allarme generale, ma lancio comunque un appello: non potendoli sterminare almeno vacciniamoli i bambini, portano più malattie dei piccioni!

Week #7 – eruzione

Quelli che credevo essere (perché sembrano) segni punture di zanzara si sono diffusi su tutto il corpo. Scoprire di primo mattino un’estesissima eruzione cutanea non era esattamente quello che avrei desiderato per iniziare la giornata. Presa da un attacco d’ipocondria faccio una ricerca su internet, mentre bevo il caffè. Non è eritema, sono un’esperta in materia e lo riconoscerei. Reazione allergica? Non sono allergica a nulla. Intossicazione alimentare? Non ho mangiato nulla di strano, le solite cose. In cima alla classifica delle possibili malattie c’è l’orticaria, ma dalle immagini di google non riconosco le stesse chiazze rosse.

Prima di correre in ospedale presa dal panico cerco un consulto in farmacia e spero di risolverla con un antistaminico. La farmacista mi guarda e il suo viso si scurisce, mi dice di aver già visto casi del genere e che potrei avere la febbre da dengue (l’eruzione cutanea è uno dei primi sintomi). Bene. Non posso fare nulla se non aspettare il giorno successivo nell’attesa che compaiano altri sintomi a conferma di aver contratto il virus.

Mentre guardo The Iron Lady, monitorando di tanto in tanto l’espansione del rossore sulle mie braccia mi crogiolo sulla poltrona maledicendo tutte le zanzare della terra, giusto per avere un capro espiatorio.

Squilla il mio telefono italiano (strano). Numero sconosciuto, rispondo:

– “Pronto!”

– “Sono Gesù Cristo e ti sto chiamando dalla croce”.

Non capirò mai perché i ragazzini si divertono così tanto a fare scherzi telefonici, ma mi spunta un sorriso alla Gargamella immaginandomeli consultare il conto telefonico, ignari di aver chiamato i Caraibi.

Niente febbre, niente dolori articolari, niente dengue! Un unico pastiglione al giorno dovrebbe funzionare contro allergie, orticaria e rush di vario genere. Una “bomba” da quanto si evince dal bugiardino, spero funzioni.

Per distogliere l’attenzione dal problema epidermico decido di fare un giro a Philipsbourg. Niente nave da crociera attraccata in porto e niente turisti, il deserto. È incredibile come abbia cambiato aspetto questo posto dalla prima volta in cui lo vidi affollato di americani in preda a un attacco di shopping compulsivo, non sembra lo stesso. Una passeggiata sul lungo mare vale comeunque la pena. In Back Street i miei buoni propositi per fare acquisti svaniscono nel momento in cui vedo l’insegna sciupata di Zara sopra l’entrata di un negozio di “cineserie”. La tattica – ammesso che si tratti di una tattica – funziona, alcune ragazze (turiste) entrano a curiosare.

Solo il viaggio e gli splendidi panorami che incontro rientrando verso Orient Bay bastano a ricompensare i mancati acquisti. Vivere al mare è “un’altra storia”, solo adesso capisco la malinconia di molti “marittimi” costretti a stare in città per motivi lavoro. Si inizia e si vive la giornata con un’energia diversa. Forse per la consapevolezza che per quanto possa essere dura una giornata o anche un’intera settimana, ci sia sempre il mare in cui annegare ire e frustrazioni.

Per darmi il colpo di grazia prima della fine della giornata passo all’Euronics a Grand-Case e mi compro una pesa persone. Beh, almeno vivo al mare…