Week #9 – lotterie farm

Guarita dalle bolle, finisce la reclusione. L’invito per l’aperitivo diurno alla Lotterie Farm casca a pennello.

Non saprei come descrivere il luogo: è una sorta di oasi naturale che si trova sulla tortuosa strada per Pic Paradis (ove mi ostino a non usare il clacson, è più forte d me). Ci sono un ristorante e un lounge bar costruiti su una palafitta, per entrare è necessario attraversare una lunga rampa di legno. Continuano ad arrivare turisti che sembrano sponsorizzati dalla Quechua facendomi sentire alquanto inadeguata. Poi scopro che tale dress code è giustificato dalla presenza di un parco con tanto di percorso avventura. Mentre scendo verso la piscina immersa nel verde, all’urlo di Tarzan sfrecciano soggetti di vario genere imbragati, lungo una fune sospesa tra gli alberi, sembra divertente. Seguo il percorso delle palafitte, questa volta si tratta di piccoli salottini privati (tappezzati di blu, beige e verde, ti viene voglia di buttarti subito tra i cuscini solo a guardarli) che si possono affittare per la giornata e arrivo al luculliano aperitivo. Il perché continuino tutti a ripetere al cameriere che sono italiana e bevo come una spugna non l’ho capito, o almeno non capisco perchè le due affermazioni – per quanto vere – debbano essere connesse, una la conseguenza dell’altra. Sono incuriosita e sbircio in giro: mi accorgo che nella piscina si tuffa tra le rocce una piccola cascata e immagino che si tratti dell’acqua proveniente dalla sorgente di cui mi hanno parlato. Risalgo la “cascata” per arrivare alla fonte, ma non c’è nessuna sorgente, bensì un’altra palafitta privata che sovrasta due enormi Jacuzzi. Pas mal anche se mi aspettavo altro, ma mi confermano comunque l’esistenza della fonte, da qualche parte.

Abbandono l’aperitivo per fare un paio di commissioni tra Marigot e la parte olandese dell’isola. Qui, in una gioielleria/tabaccheria/negozio di liquori gestita da una famiglia pakistana, per qualche motivo racconto la storia della mia vita degli ultimi mesi al proprietario mentre cerca di vendermi degli orrendi orecchini che sostiene “spopolino” tra le turiste americane. Coprono tutto il padiglione auricolare, sono indescrivibili tanto sono brutti, così cerca di recuperare e mi propone una medaglietta incisa la mappa di St. Martin. Lo ringrazio e gli dico che non sono interessata, non rischio di perdermi (sono la solita stronza, lo so). Dopo essermi regalata un abito coloratissimo (bianco e nero) e stravagante (l’ennesimo tubino, sono incorreggibile), scappo a casa dove mi aspetta una nuova visita del tizio che pulisce la piscina e che ha qualche problema a rispondere al telefono (mi ha fatta diventare una stalker di segreterie). L’obiettivo è di far tornare la pozza d’acqua com’era prima in un paio di settimane, per due motivi: 1) sembra una laguna e al ritorno di Arnaud ambirei che fosse di nuovo balneabile; 2) tolgono l’acqua in continuazione per fare lavori alle condutture e devo pur potermi lavare in qualche modo. Lo stronzo ovviamente non si presenta, ne approfitto per andare a La Playa a salutare Jear e comunicare che sono viva. Lo staff non perde l’occasione di prendermi per in giro nel momento in cui giustifico la mia assenza per colpa della rosolia. Quanto mi è mancata la spiaggia!

Il giorno successivo è forzatamente dedicato al mare, così dopo aver trovato un’altra scolopendra (sembra ci sia un festival questa settimana) e aver raccolto un’infinità di pelo di Calypso dappertutto (com’è possibile che ne abbia ancora addosso non so) calzo le infradito e vado a “svenire” su una sdraio. C’è molto vento, caldo, sembra di stare sotto un phon, ma non è fastidioso, è piacevole, si sta una favola!

Ore 18,06, in Italia è già il 20 luglio, quindi il mio compleanno. Vado al Calmos Cafe e comincio le celebrazioni, gongolante all’idea di avere 6 ore in più per i festeggiamenti quest’anno (volendo giocare con il fuso orario). Planteur meritatissimo, non vorrei essere altrove in questo momento.

Il mio oroscopo consiglia di trascorrere la giornata al mare. Non starò di certo online ad attendere la notizia della nascita del royal baby…

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Lotterie Farm

Week #7 – eruzione

Quelli che credevo essere (perché sembrano) segni punture di zanzara si sono diffusi su tutto il corpo. Scoprire di primo mattino un’estesissima eruzione cutanea non era esattamente quello che avrei desiderato per iniziare la giornata. Presa da un attacco d’ipocondria faccio una ricerca su internet, mentre bevo il caffè. Non è eritema, sono un’esperta in materia e lo riconoscerei. Reazione allergica? Non sono allergica a nulla. Intossicazione alimentare? Non ho mangiato nulla di strano, le solite cose. In cima alla classifica delle possibili malattie c’è l’orticaria, ma dalle immagini di google non riconosco le stesse chiazze rosse.

Prima di correre in ospedale presa dal panico cerco un consulto in farmacia e spero di risolverla con un antistaminico. La farmacista mi guarda e il suo viso si scurisce, mi dice di aver già visto casi del genere e che potrei avere la febbre da dengue (l’eruzione cutanea è uno dei primi sintomi). Bene. Non posso fare nulla se non aspettare il giorno successivo nell’attesa che compaiano altri sintomi a conferma di aver contratto il virus.

Mentre guardo The Iron Lady, monitorando di tanto in tanto l’espansione del rossore sulle mie braccia mi crogiolo sulla poltrona maledicendo tutte le zanzare della terra, giusto per avere un capro espiatorio.

Squilla il mio telefono italiano (strano). Numero sconosciuto, rispondo:

– “Pronto!”

– “Sono Gesù Cristo e ti sto chiamando dalla croce”.

Non capirò mai perché i ragazzini si divertono così tanto a fare scherzi telefonici, ma mi spunta un sorriso alla Gargamella immaginandomeli consultare il conto telefonico, ignari di aver chiamato i Caraibi.

Niente febbre, niente dolori articolari, niente dengue! Un unico pastiglione al giorno dovrebbe funzionare contro allergie, orticaria e rush di vario genere. Una “bomba” da quanto si evince dal bugiardino, spero funzioni.

Per distogliere l’attenzione dal problema epidermico decido di fare un giro a Philipsbourg. Niente nave da crociera attraccata in porto e niente turisti, il deserto. È incredibile come abbia cambiato aspetto questo posto dalla prima volta in cui lo vidi affollato di americani in preda a un attacco di shopping compulsivo, non sembra lo stesso. Una passeggiata sul lungo mare vale comeunque la pena. In Back Street i miei buoni propositi per fare acquisti svaniscono nel momento in cui vedo l’insegna sciupata di Zara sopra l’entrata di un negozio di “cineserie”. La tattica – ammesso che si tratti di una tattica – funziona, alcune ragazze (turiste) entrano a curiosare.

Solo il viaggio e gli splendidi panorami che incontro rientrando verso Orient Bay bastano a ricompensare i mancati acquisti. Vivere al mare è “un’altra storia”, solo adesso capisco la malinconia di molti “marittimi” costretti a stare in città per motivi lavoro. Si inizia e si vive la giornata con un’energia diversa. Forse per la consapevolezza che per quanto possa essere dura una giornata o anche un’intera settimana, ci sia sempre il mare in cui annegare ire e frustrazioni.

Per darmi il colpo di grazia prima della fine della giornata passo all’Euronics a Grand-Case e mi compro una pesa persone. Beh, almeno vivo al mare…