Week #13 – tsunami e plenilunio

Sembra che i cicloni ritardino il loro percorso quest’anno. Ottimo, sono terrorizzata all’idea di vivere l’esperienza di un uragano. In compenso ho acquistato un soprannome: “Tsunami”, solo per aver avuto un piccolo incidente lavando una pentola in cucina, provocando un onda anomala. Per restare in tema meteo, la bassa stagione si sta facendo sentire: piove un giorno sì e uno no ed è spesso nuvoloso.

Il sabato mattina è nuvoloso e visitando un negozietto di abbigliamento nel villaggio di BO mentre aspetto che Arnaud finisca la sua seduta dall’osteopata scopro che a Marigot c’è la “Braderie”: tutti i negozi allestiscono bancarelle di fronte ai rispettivi ingressi proponendo la merce a prezzi stracciatissimi. La commessa di BO mi assicura che si fanno affari. Alla parola “affari” non esito a mollare tutti a casa e partire in direzione Marigot incuriosita da questo mercatino.

Non c’è troppa gente – bene, altrimenti avrei fatto retromarcia in un attimo – Rue de Hollande è chiusa al traffico e caotica, così mi limito a sbirciare tra le boutique che circondano la Marina Port La Royale. Dopo aver fatto uno di quelli che definisco “acquisti del secolo” e aver svaligiato una profumeria duty free, soddisfatta, rientro a casa. Spendere denaro, ma soprattutto spenderlo bene e per sé stessi, mette inevitabilmente di buon umore. Come diceva il filosofo francese Jules Renard (tra l’altro omonimo del piccoletto di casa) “se i soldi non fanno la felicità…resistuiteli”. Peccato che non bastino mai…

È l’ultimo week end di Wendy e Arnaud prima di rientrare in Francia e ci si gode tutto il giorno la spiaggia per fare incetta di raggi solari e pina colada. Il momento delle valigie è teso e triste e, io sono ancora più contenta di non doverle fare.

Mi ritrovo ancora una volta ad accompagnare qualcuno all’aeroporto, stavolta proprio nel giorno in cui sarei dovuta partire io. Invece resto…per fare aggiustare la lavatrice, il climatizzatore dell’auto e il frigo (che hanno deciso di smettere di funzionare contemporaneamente). Succede sempre qualcosa durante il plenilunio. Per compensare a ciò ho trovato una lavanderia a secco a Marigot. Urrà!!

Decido di slittare la ricerca del nuovo pool guy (quello di prima deve essersi tuffato in una piscina vuota) a dopo il week end. Qui li devi braccare per strada, mentre passano in macchina tra le villette carichi di tubi azzurri e secchi di cloro. Anche con i giardinieri funziona così. Non so quale perversione si nasconda dietro questa ostilità nell’utilizzo dei cellulari, sembra di fare un salto nel passato.

 

Week #11 – the people

Domenica dopo il lavoro mi concedo la consueta Carib a La Playa. Trovo questa birra sempre più buona del solito la domenica pomeriggio.

Lunedì mattina il sole splende, faccio colazione in fretta perchè non vedo l’ora di uscire. La metereopatia mi porta a essere di ottimo umore quando il cielo è blu intenso. Come sempre, appena chiudo il cancelletto di casa metto le cuffie e attivo una qualche playlist. Per un fortuito caso parte “The People” di The Music. Sarà per l’attacco “Hey Monday morning…”, sarà perché il ritmo impone di svegliarsi, ma era diventata la mia canzone del lunedì mattina a Milano appena salita sul tram in direzione ufficio. Fa ancora uno strano effetto cominciare la settimana calzando le infradito, con l’asciugamano sulla spalla dirigendosi verso la spiaggia. Dopo ben 5 minuti, giusto il tempo di ascoltare tutta la canzone, arrivo a La Playa.

Martedì sera trascorre a Simpson Bay che – come ho spiegato ad alcuni amici – non è una spiaggia di Springfield, ma è la zona che comprende anche l’aeroporto, a sud della parte olandese dell’isola. Appena prima del ponte è concentrata tutta la Simpson Bay by night, un locale dopo l’altro, uno diverso dall’altro. La conosco poco vivendo nella parte francese, ma non è malaccio. C’è di tutto, non manca l’insegna di un solo fast food statunitense, forse solo Taco Bell non ha attecchito. Ceno alla Boathouse un ristorante che si trova sulla laguna, non lontano dallo Shore, anzi quasi di fronte. Non male, ma mangiato esagertatamente.

Ho sentito parlare in spiaggia di un altro locale molto frequentato nella stessa zona. Il martedì è serata “Salsa” (anche lì, la Salsa a quanto pare va per la maggiore) e sembra valga la pena farci un salto. Scopro che si trova proprio di fronte alla Boathouse e dopo il caffè non esito a buttarci un occhio: ha l’aria di un piccolo angolo cubano, anche se pieno di turisti europei e americani. È frequentato molto anche dalla gente del luogo. Anche qui conosco un gruppo di ragazzi italiani che lavorano in pizzerie e ristoranti della zona.  Capisco che è ora di andare quando passando tra la gente festante sento “non dire cazzate che questa è italiana e ci fai una figura di merda”.

I giorni seguenti sono stati meno fortunati: nonostante il programma prevedesse gita all’ile de Pinel, i temporali tropicali incessanti hanno prevalso su ogni iniziativa. O quasi: anche se la serata non promette bene, un planteur al Calmos Café resta un’ottima idea.

Venerdì c’è agitazione nell’aria, vengono montate delle transenne intorno a Wikiki Beach, la sera. Un grosso palco coperto domina tutta la spiaggia di BO (Baie Orientale): è terrebilmente antiestetico. Chiacchierando al bar de La Playa scopro che si festeggiano i 20 anni di Wikiki con una superfesta sulla spiaggia, la sera seguente.

Arrivati a piedi all’ingresso della festa passiamo velocemente la coda di persone in attesa di entrare: c’era il mondo, c’era buona musica, c’era il vento. C’era un ottimo spirito.

Anche il giorno dopo gli spiriti si fanno sentire, il gin soprattutto e alle 12 inizio a lavorare all’Ethnic Bar, merda.