Week #11 – the people

Domenica dopo il lavoro mi concedo la consueta Carib a La Playa. Trovo questa birra sempre più buona del solito la domenica pomeriggio.

Lunedì mattina il sole splende, faccio colazione in fretta perchè non vedo l’ora di uscire. La metereopatia mi porta a essere di ottimo umore quando il cielo è blu intenso. Come sempre, appena chiudo il cancelletto di casa metto le cuffie e attivo una qualche playlist. Per un fortuito caso parte “The People” di The Music. Sarà per l’attacco “Hey Monday morning…”, sarà perché il ritmo impone di svegliarsi, ma era diventata la mia canzone del lunedì mattina a Milano appena salita sul tram in direzione ufficio. Fa ancora uno strano effetto cominciare la settimana calzando le infradito, con l’asciugamano sulla spalla dirigendosi verso la spiaggia. Dopo ben 5 minuti, giusto il tempo di ascoltare tutta la canzone, arrivo a La Playa.

Martedì sera trascorre a Simpson Bay che – come ho spiegato ad alcuni amici – non è una spiaggia di Springfield, ma è la zona che comprende anche l’aeroporto, a sud della parte olandese dell’isola. Appena prima del ponte è concentrata tutta la Simpson Bay by night, un locale dopo l’altro, uno diverso dall’altro. La conosco poco vivendo nella parte francese, ma non è malaccio. C’è di tutto, non manca l’insegna di un solo fast food statunitense, forse solo Taco Bell non ha attecchito. Ceno alla Boathouse un ristorante che si trova sulla laguna, non lontano dallo Shore, anzi quasi di fronte. Non male, ma mangiato esagertatamente.

Ho sentito parlare in spiaggia di un altro locale molto frequentato nella stessa zona. Il martedì è serata “Salsa” (anche lì, la Salsa a quanto pare va per la maggiore) e sembra valga la pena farci un salto. Scopro che si trova proprio di fronte alla Boathouse e dopo il caffè non esito a buttarci un occhio: ha l’aria di un piccolo angolo cubano, anche se pieno di turisti europei e americani. È frequentato molto anche dalla gente del luogo. Anche qui conosco un gruppo di ragazzi italiani che lavorano in pizzerie e ristoranti della zona.  Capisco che è ora di andare quando passando tra la gente festante sento “non dire cazzate che questa è italiana e ci fai una figura di merda”.

I giorni seguenti sono stati meno fortunati: nonostante il programma prevedesse gita all’ile de Pinel, i temporali tropicali incessanti hanno prevalso su ogni iniziativa. O quasi: anche se la serata non promette bene, un planteur al Calmos Café resta un’ottima idea.

Venerdì c’è agitazione nell’aria, vengono montate delle transenne intorno a Wikiki Beach, la sera. Un grosso palco coperto domina tutta la spiaggia di BO (Baie Orientale): è terrebilmente antiestetico. Chiacchierando al bar de La Playa scopro che si festeggiano i 20 anni di Wikiki con una superfesta sulla spiaggia, la sera seguente.

Arrivati a piedi all’ingresso della festa passiamo velocemente la coda di persone in attesa di entrare: c’era il mondo, c’era buona musica, c’era il vento. C’era un ottimo spirito.

Anche il giorno dopo gli spiriti si fanno sentire, il gin soprattutto e alle 12 inizio a lavorare all’Ethnic Bar, merda.

 

Week #10 – esagerazioni

Il giovedì al Calmos Café c’è la serata Salsa. Un’avvenente cantante colombiana anima l’orda di clienti: il locale è pieno, lo staff e i tavoli al completo, un delirio. La corposa band che l’accompagna suona divinamente anche se sembra soffrire a causa dei limiti di spazio.

Io e Chris (l’ormai ex skipper del Tender To che mi parla ancora nonostante la serataccia che gli ho fatto passare in barca tempo fa – un signore) esageriamo con le tapas e pure con il rosé, ma tra poche ore è il suo compleanno e i festeggiamenti (anche anticipati) sono obbligatori. Esagerazioni e contraddizioni: generosissimi fanciulli che insistono per offrirti la serata e pagano il conto con una banconota da 500 euro (non ne avevo mai vista una prima che non fosse del Monopoli). Giovani rampolli svizzeri a cavallo di un Hummer che faticano a suscitare anche solo un minimo d’interesse per il livello dei loro discorsi. Poi nel parcheggio fregano lo scooter a un poveraccio che lavora 12 ore al giorno sette giorni su sette. Mi sembra tutto assurdo, po’ ingiusto e mi gira la testa.

Il giorno seguente a riso bollito e caffè. Ho passato la serata a guardarmi l’intero cofanetto dell’Era Glaciale con addosso un piagiama di Hello Kitty (personaggio che tra l’altro odio, ma è un regalo e il piagiama in sé è comodo). Forse avrei dovuto richiedere un TSO…

La mattina intorno alle 10 ricevo la telefonata di Frederique, proprietario del Enthnic Bar, risotorantino sula spiaggia in fondo a Orient Bay, che mi è stato presentato da un tizio (un drageur sulla sessantina) mezzo francese, con nonno italiano ma che vive per metà dell’anno a San Diego che a sua volta ho conosciuto a La Playa mentre mi scolavo un pina colada il giorno del mio compleanno. Per arrivare al dunque una persona dello staff dell’Ethnic si è ammalata e Fred mi chiede una mano per il pranzo. Ci vado al volo.

Il locale è piccolo, intimo coloratissimo e accogliente, non mancano lettini e ombrelloni davanti all’ingresso. È carino, diverte solo a guardarlo. In cucina lo staff è completamente femminile, per cui cerco di frequentarlo il meno possibile anche se la chef è simpatica e sembra in gamba.

Riesco a fare una clamorosa figura di cacca proprio con un cliente italiano che chiamerò Roberto perché a causa della mia scarsissima memoria a breve termine non mi ricordo come si chiami e trovo abbia la faccia da Roberto. Mi sento Pif nella parte conclusiva delle puntate de Il Testimone, quando parte con la sua personalissima morale dal periodo indefinito e contorto. Roberto ha lasciato l’Italia 15 anni fa, aveva un rock club sul Naviglio Grande e, considerato il fatto che ha i capelli più lunghi dei miei raccolti in una coda ed è coperto di tatuaggi improponibili non stento a crederlo. Da Gratosoglio in giro per il mondo, fino a St. Martin ove si accompagna a una biondissima e rincoglionitissima Madame in perizoma multicolor  che mi interroga su una parolaccia italiana che tanto la diverte ma di cui non si ricorda.

Dopo il lavoro non mi nego un paio d’ore di spiaggia, soddisfatta della prima parte della mia giornata e ansiosa all’idea di lavorare di nuovo all’Ethnic il giorno seguente.

La sera ricevo un invito per lo Shore, una discoteca a Simpson Bay in cui non sono mai stata. Pare che ci sia una serata imperdibile, ne dubito ma decido di andarci. Esageriamo, anche se l’indomani dovrò lavorare. Infilo il mio tubino ed esco, decisa a estendere il mio network di conoscenze. Perché volenti o nolenti, il successo di un’iniziativa dipende anche dalle persone che conosciamo vecchie o nuove e che riusciamo a fare lavorare/agire nel nostro interesse.