Tre giorni fa mia sorella è atterrata a St. Maarten. L’ho attesa per più di un’ora, trepidante, agli arrivi. L’ho vista attraverso il vetro acidato che separa la zona di recupero dei bagagli dall’uscita camminare avanti e indietro ansiosamente. Ho capito subito che il suo bagaglio doveva aver preso un’altra destinazione. Al telefono mi da conferma e ben tre miei “porca troia” quasi consecutivi fanno eco scontrandosi con l’alto soffitto che sormonta la zona degli arrivi del Princess Juliana, urtando i timpani delle sole altre due persone presenti in quell’ala dell’aeroporto, a quell’ora: una tizia della security e quella del punto informazioni.
Saliamo in macchina con la contentezza per l’esserci rincontrate un po’ guastata dalla sparizione della valigia (con dentro buona parte del mio guardaroba estivo) e inizio a trasferire a Ceci le ultime novità o ad approfondire quelle vecchie, interrotte dalla voce della seconda me in versione “accompagnatore turistico”. Credo di non aver mai parlato tanto in vita mia, in una sola mezz’ora. Ed ero talmente emozionata quando le ho portato a tavola una fetta di torta al lampone e cioccolato bianco con guarnizione di macarons (una bomba!!) di Serafina’s, da non essere riuscita a far funzionare quella maledettissima candelina che intona il motivo di Happy Birthday (sì, ho anch’io un recondito lato trash). Troppo impaziente, le istruzioni sono riuscita a metabolizzarle solo dopo il primo boccone di torta.
L’ansia da prestazione mi distrugge: “dunque potremmo fare questo, poi quest’altro, domani invece questo… Ma le piacerà quest’isola?”. In veste di sorelle maggiori ci si sente sempre responsabili dei fratelli/sorelle minori, per natura credo. E molto spesso il più duro compito è cercare di renderli – se non felici – soddisfatti e riconoscenti.
Alla fine ho optato per una terapia di adattamento drastica, quella del “facciamola bere e questo posto diventerà subito il paradiso”. La giornata parte con una pinacolada a Palm Beach alle 11,30 dopo una passeggiata lungo tutta la Baia Orientale. La sera, essendo giovedì, non poteva non trascorrersi al Calmos Café: solita serata Salsa in compagnia di due amici parigini (la cui imitazione degli americani in spiaggia è esilarante), che si conclude alle 24,00 circa con il Planteur della staffa. Ciò che i nostri fegati hanno filtrato durante questo arco di tempo è un dettaglio non pubblicabile.
I nostri commensali, a cena, ci invitano a trascorrere la giornata successiva insieme a loro a Pinel e accettiamo volentieri. Ho la conferma che anche mia sorella può vantare di possedere più melanina di me: l’unica che riesce ad abbronzarsi, senza troppo arrossarsi al secondo giorno di Caraibi e senza una protezione – a mio avviso – abbastanza elevata. Fastidio…
La sera con Manuel (il nostro amichetto d’infanzia olandese arrivato la mattina), raggiungiamo Chris (lo skipper, rientrato qualche giorno fa da Cannes) allo Sky (terrazza con sabbia in cima a un palazzo nel cuore di Maho. Bel locale, non lo conoscevo. Ci penso ancora, mentre Cecilia è collassata nel letto da una mezz’ora dopo aver dichiarato “no, no, non dormo, controllo solo il cellulare”. La raggiungo, ma senza controllare il cellulare: crollo all’istante.
Sky Lounge