Week #31 – noël fa rima con bordel

Natale è arrivato ed è già passato, come un fulmine, come una di quelle punturine per i vaccini che impensieriscono ma alla fine risultano quasi impercettibili. Quest’anno non l’ho avvertito, o almeno questo non è il Natale “classico”, quello che si può trovare descritto nei libri illustrati per bambini, ma soprattutto non c’è nebbia e la mia famiglia non è qui.

Ho trascorso buona parte delle feste su Skype a parlare con chiunque, familiari e amici, molte persone che non sentivo da tempo, è stato davvero un bel regalo. Ecco, se il Natale fosse esclusivamente l’occasione per rincontrare – nel mio caso riparlare ad – amici e familiari che non si ha modo di vedere spesso nemmeno virtualmente, sarebbe sempre benvenuto. Se invece mi tocca sorbirmi una transumanza di turisti, per la maggior parte brutti (ma proprio brutti!) che sembrano gareggiare per la Palma (premio azzeccato al contesto tra l’altro) del costume da bagno più imbarazzante e che ti barcollano intorno ubriachi con tanto di cappello da Babbo Natale di pelo in testa (con 30 gradi…ma perché???), quasi preferisco il deserto del mese di settembre!

Il Mio Natale è iniziato il 27, quando – dopo aver lucidato casa come in preda a un raptus – sono partita alla volta dell’aeroporto a recuperare mia mamma, appena atterrata da Amsterdam insieme a un gruppo di amici di famiglia.

Dice (mia mamma) di trovarmi molto cambiata. Lei, a parte parecchia stanchezza e stress accumulati negli ultimi mesi, non è cambiata affatto: dopo essere arrivate a casa e aver disfatto la valigia, ha subito ispezionato il giardino e con espressione contrariata mi ha chiesto un paio di forbicioni per poter potare un albero.

Temevo di doverla legare a una sdraio per riuscire a farla stare ferma, invece si sta adattando alla vita caraibica (non che sia particolarmente ostico l’adattamento…), alla Piña Colada a qualsiasi ora, alla vita in spiaggia, alla cucina creola, alle feste. Non è stata punta nemmeno da mezza zanzara, mentre il resto dei comuni mortali viene divorato vivo quotidianamente e dopo 3 giorni è più abbronzata di me che sono qui da 7 mesi (fastidiooo!).

Quanto a me, mi godo gli ultimi giorni di vacanza per poi riprendere la solita routine, o cominciarne una totalmente nuova… Ci penserò, quando avrò ripreso conoscenza, dopo il veglione che ci attende stasera a Pic Paradis. Buon 2014!

 

Addio sobrietà.

Immagine

Day #29 – luoghi comuni

È come se avvertissi il cattivo tempo, fatico ad alzarmi dal letto. Apro le…definiamole “tapparelle a prova di uragano” (un sistema di protezione degli infissi in metallo che non avevo mai visto prima e che qui è molto comune) e vengono confermati i miei presentimenti: giornata grigia e piovosa.

Come impegnare meglio il tempo se non guardando un film dopo l’altro? Se avessi addosso una copertina, invece dell’aria condizionata accesa, sembrerebbe di stare a Masone. Perché a Masone piove sempre, o almeno così si dice. Luoghi comuni, come quello sull’utilizzo del clacson: lo detesto, mi disturba. Non lo uso mai, piuttosto impreco come un camionista. Potrebbe trattarsi tranquillamente di un optional che non sceglierei se dovessi acquistare un’auto e ovviamente se si trattasse di un optional.

Quando sono salita a Pic Paradis qualche tempo fa mi sono addirittura lamentata del fatto che l’auto dietro la mia clacsonasse di continuo. All’arrivo in cima alla collina, dopo aver spiegato questa mia avversione per il cacofonico autoaccessorio mi è stato detto: “Non esiste un italiano che non usi il clacson. Confessa, da dove vieni?”. La mia risatina di risposta celava un bonario “fottiti”. Temo di aver anche assunto la stessa espressione scocciata che hanno Tempo e Calypso quando capiscono che sto per accendere l’aspirapolvere, qualcosa che potrebbe esser tradotto in: “non bastava quella musica del cavolo che ci fa sentire a tutto volume dal mattino alla sera, pure l’aspirapolvere adesso!”.

Sempre in tema di luoghi comuni (mea culpa in questo caso), ogni volta che attraverso il Quartier d’Orleans – che si trova tra Orient Bay e il Dutch Quarter, appena prima del confine con la parte olandese – penso “sembra di essere a Napoli”, mentre osservo i ragazzini in motorino in due o tre rigorosamente senza casco che si divertono a fare le impennate in mezzo alla strada rallentando il traffico.

Ormai 10 anni fa, durante una vacanza-studio in Michigan, quando dichiaravo “sono italiana” la reazione era “ah! Italia: Pizza, Pavarotti, Fiat” (Fiat solo perché mi trovavo vicino a Detroit, altrimenti l’ultima parola sarebbe stata “Mafia” credo). Invece qui, quando dico che sono italiana, la reazione è: “ah, Italia: Materazzi!”. Porco giudello (come direbbe il mio amico Martin) sono passati sette anni (tra l’altro all’epoca stavo lavorando in un villaggio vacanze in Sicilia e dormivo sugli spalti dell’arena durante la partita – ero stanca e il calcio ha effetto soporifero su di me – così mi sono persa la scena), ma è possibile che i francesi ce l’abbiano ancora con Materazzi per l’espulsione di Zidane??!! Stanno messi male…

Sembra che nessuno possa fare a meno di tutta questa serie di pensieri e opinioni, condivisi e diffusi: “Piemontese, falso e cortese”, “Il nero sfina”, “A Latina sono tutti burini“, “L’assassino torna sempre sul luogo del delitto”, “Mollo tutto e scappo ai Caraibi”… Assiomi in cerca di conferme, che ci danno – in qualche modo – sicurezza o speranza: continuerò a vestirmi di nero.

Day #15 – wonder woman

Ieri sera ho visitato una delle case più belle che abbia mai visto, mi sembrava di essere stata risucchiata da un numero di Abitare o AD. Ero a Pic Paradis, ovvero il monte più alto dell’isola, che spicca esattamente al centro del territorio francese. Misura 424 metri di altitudine (più o meno come il Monte di Crea, anche se qui non c’è nulla di sacro), ma sembra di essere in alta montagna. La differenza è che al posto dei pini si trovano alberi di Mango, Banane, di frutti tropicali di vario genere (di cui non ricordo il nome), palme, palme, palme…una foresta fittissima.

Il padrone di casa mi mostra il dehors: un lungo tavolo per cenare, un ampio angolo barbecue, la piscina a sfioro scura, ma soprattutto una vista mozzafiato. Da Pic Paradis si può vedere metà dell’isola, dall’aeroporto Princess Juliana situato nella parte olandese quasi fino a Grand-Case (dove c’è l’altro piccolo aeroporto, nella parte francese), è davvero bellissimo. Ci ritornerò.

Oggi il tempo è – finalmente – bello, soleggiato. Ormai sto diventando come mia nonna che parla solo del meteo e al telefono, omettendo di chiederti come stai, ti domanda “Che tempo c’è lì?” – “Sto bene nonna, grazie. C’è il sole.”

Questa è la settimana in cui i “local” si sentono padroni dell’isola, ci sono davvero pochi turisti rispetto a tutto il resto dell’anno, li si può contare. La spiaggia è praticamente mia oggi, deserta. Improvvisamente mi sento potente, non so spiegare il motivo. È come se potessi spaccare il mondo con dei superpoteri. Il costume ce l’ho…

Mentre faccio un bagno (anche in acqua non c’è quasi nessuno, tranne qualche bimbo che cerca di surfare senza grossi successi) sento uno strano fruscio: a due metri dalla mia testa passa un piccolo catamarano con a bordo un ragazzino. Non avrà più di 11-12 anni e porta la piccola imbarcazione come se fosse un esperto. Forse lo è: arriva alla spiaggia, trascina il catamarano sulla sabbia in modo che le onde e la corrente (sempre fortissima) non lo portino via e si dirige verso la casa mare per parlare con il responsabile degli sport acquatici. Pochi minuti dopo risale sull’imbarcazione e se ne va. I presenti si chiedono da dove sia spuntato, basiti. C’è molto vento e l’imbarcazione prende velocità in un secondo, sparisce nel tempo necessario a sbattere le palpebre un paio di volte.

Non riesco a non pensare a come si possa sentire quel ragazzino, come un supereroe pure lui?

Libero, indipendente, determinato, temerario, forse incosciente…

La propensione al rischio (se pur minimo) allo scopo di ottenere la libertà o semplicemente con un obiettivo da raggiungere servendosi della libertà come fattore imprescindibile, crea l’esperienza. O è l’esperienza che rende liberi? Sto diventando come Carrie Bradshaw con tutti questi interrogativi? Mi sono persa, come col problema del latte di capra al gusto ribes.

Immagine

Vista da Pic Paradis